Il velenoso lapis di Barbera

Con grande piacere riproponiamo un bell’articolo di Giusi Diana sul disegnatore futurista Antonio Barbera (Velenoso Lapis), già pubblicato nel 2015 sulle pagine del perento Archivio Flavio Beninati e nel secondo numero del periodico di approfondimenti I Quaderni di Eccegrammi. Buona lettura!


Il velenoso lapis di Barbera

Breve storia di una giovane promessa

di Giusi Diana

Il 4 luglio 1921 il Manifesto futurista siciliano, pubblicato sul quarto numero della rivista catanese “Haschisch”[1], sanciva ufficialmente il rapporto (iniziato già nei primi anni Dieci e che si sarebbe concluso nel corso degli anni Trenta), tra gli intellettuali isolani e il movimento fondato da Filippo Tommaso Marinetti.

La diffusione delle istanze futuriste nell’isola e l’adesione all’avanguardia da parte di alcuni artisti siciliani, iniziata già nel primo decennio del secolo, rappresenta, insieme alla successiva attività del Sindacato regionale Belle Arti l’evento caratterizzante il panorama culturale siciliano degli anni in cui si svolge la vicenda umana ed artistica di Antonio Barbera, giovane ed eclettico disegnatore catanese noto con lo pseudonimo di velenoso lapis, precocemente scomparso nel 1934 all’età di ventisei anni.

Barbera nel 1921 aveva solo tredici anni, essendo nato a Catania nel 1908, ma gli eventi che si andavano svolgendo in quegli anni avrebbero avuto importanti ripercussioni sulla nascita e lo sviluppo della sua futura e precocissima attività di disegnatore.
Perduta la madre in tenera età, abbandonato a sé stesso, insofferente nei confronti del sistema scolastico, non compì studi regolari. La sua scuola fu la strada, dotato di un’intelligenza fine ed arguta imparò da autodidatta, frequentando i personaggi più interessanti del mondo culturale catanese di quegli anni. Scoperto da giovanissimo il proprio interesse per l’arte iniziò a coltivarlo frequentando gli studi degli artisti e nel 1924 appena sedicenne vide pubblicati i suoi disegni per Acque morte, un dramma in tre atti dello scrittore catanese Guido Vittor Marinelli.

“Strano giovane”, così veniva definito Nino Barbera da quanti lo conobbero, la sua figura alta e dinoccolata si vedeva spesso aggirarsi per le vie di Catania con un cappello a larghe falde e senza soprabito anche nelle giornate di pioggia, mentre s’intratteneva in conversazione dibattendo dei suoi argomenti preferiti: le donne, l’arte e l’esistenza.
Ribelle e sognatore, in mezzo all’incomprensione generale viveva chiuso nel suo mondo, avvolgendosi in un misterioso estetismo. La lettura di Baudelaire lo aveva avvicinato ad atmosfere simboliste e decadenti, peraltro da tempo diffuse a Catania attraverso i circoli culturali che nascevano intorno a riviste come la già citata “Haschisch”. Certi suoi scritti come Il narghilè delle illusioni[2], una prosa lirica piena di voluttà ne sono la riprova.
Insieme a Carmelo Comes[3] e ad Elio Romano[4], Barbera era tra i più assidui frequentatori della casa del pittore Antonino Villani[5] che con Roberto Rimini[6] faceva una pittura chiara e tonale d’impostazione post-impressionista opponendosi allo scuro “napoletanismo” di Francesco Mancini, Nitto Condorelli e Alessandro Abate .[7]

Agli inizi degli anni Venti in questo ambiente ancora dominato dalla visione ottocentesca dei pittori più anziani, fatta di paesaggi e di vedute veristiche iniziarono a circolare le strane figure umane di Barbera, appena abbozzate e tracciate con pochi tratti di penna, rese fortemente espressive dall’uso essenziale e profondamente innovativo della linea che si riallacciavano all’arte europea contemporanea, ai Fauves e agli espressionisti tedeschi di Die Brücke, ma anche all’illustrazione simbolista di Alberto Martini, e ai valori espressivi dell’opera di Romolo Romani e Lorenzo Viani.

Fondamentale per individuare una delle possibili fonti di una tale modernità di orientamenti è l’amicizia che lo legò ad un altro eclettico catanese il pittore, scultore e poeta Mimì Lazzaro[8], che ritornato a Catania alla fine degli anni Venti da Roma dove aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti diffuse nella città etnea uno stile pittorico legato all’espressionismo romano, un’accezione moderata della lezione di Scipione e Mario Mafai, cui era legato da profonda amicizia.

La produzione grafica di Barbera si svolge lungo un decennio, dal 1924, anno della pubblicazione delle prime xilografie per Acque Morte, fino al 1934, anno della morte. Durante questo breve lasso di tempo il suo spirito curioso e anticonformista lo portò ad indagare, attraverso la sperimentazione di svariati mezzi grafici (matita, sanguigna, xilografia acquerello e stampa) i diversi linguaggi dell’arte del suo tempo, ma sempre al di là del coro novecentista. Della sua produzione grafica si è conservata soltanto quella parte che venne pubblicata su libri e riviste del tempo, non avendo egli mai preso parte ad alcuna mostra documentata. Nell’ambito della sua breve carriera, il 1928 rappresenta una data significativa, in quell’anno infatti, venne pubblicata sul primo numero della rivista “Fondaco”[9] diretta da Mimì Lazzaro una sua xilografia dal titolo Grottesco e venne dato alle stampe il libro di novelle Nudità[10] di Guido Vittor Marinelli, corredato da sei sue straordinarie xilografie. La xilografia Grottesco (1) che fa da copertina a “Fondaco” raffigura un nudo femminile in un interno.

L’intera composizione suggerisce un senso claustrofobico di angoscia, accentuato dal campeggiare della figura possente nell’angustia di una stanzetta, un piccolo spazio chiuso, caratterizzato da poveri elementi. Il volto femminile è atteggiato in una smorfia, il grosso corpo contratto in una posa innaturale è sdraiato. La realtà delle forme naturali appare deformata in una sorta di astrattizzazione che è tipica del procedimento espressionista. La schematizzazione degli elementi costitutivi della composizione, deformati e decomposti, come il modo di trattare la figura umana distorta e quasi spezzata testimoniano questa fase espressionista dell’arte di Barbera, che però dell’Espressionismo tedesco di Die Brücke, cui fa evidente riferimento nell’uso deformante della xilografia, non condivide il pathos.
Questa realtà deformata e decomposta, in Barbera, più che volta a suscitare “l’urlo” espressionista sembra incline a sollecitare un amaro sorriso, come anche il titolo “Grottesco” suggerisce; nonostante ciò la conoscenza della dura xilografia di espressionisti come Ernst Ludwig Kirchner con la loro ossessione per gli idoli africani, dimostra il suo interesse per l’arte europea d’avanguardia.

Gli esiti dell’Espressionismo internazionale circolavano in Italia grazie alla diffusione di riviste d’arte e di costume come “Emporium”, “Il Marzocco”, “Natura e Arte”, che nate agli inizi del ‘900, avevano ormai conquistato un pubblico vastissimo ed erano ritenute indispensabili strumenti di aggiornamento, dagli artisti dell’intera penisola. “Emporium” in particolare, si occupava della diffusione e della riflessione teorica sulla grafica, proponendo modelli di grafica europea antica e moderna. Sempre nel 1928 l’editore Cines dà alle stampe a Catania Nudità, libro di novelle di Guido Vittor Marinelli, introdotto da un saggio critico di Raffaello Delogu, “illustrato da xilografie in noce nostrana di Antonio Barbera”; la notizia viene data nella rubrica “Notizie” sul primo numero di “Fondaco”.

Le novelle di Marinelli si inseriscono, sebbene in un accezione provinciale, conformista e manierata, nell’ambito della tradizione letteraria antinaturalista e decadente di fine secolo. Donne fatali avvinte ai piaceri della carne, padri mossi da incestuosi desideri ed esotiche danzatrici di Wildiana memoria sono i tormentati protagonisti di queste novelle che attingono al classico repertorio del maledettismo decadente, sul modello di Guido da Verona. In Lucrezia Antamori la donna pallida che è la prima delle novelle accompagnata da una xilografia di Barbera, Lucrezia la protagonista, donna fatale adusa alla lussuria, dopo avere avuto diversi amanti conosce un poeta che la purifica con il suo amore casto, ma dopo un periodo felice vissuto in una villa sulle colline di Fiesole, al risveglio della donna fatale con tutta la sua bramosia, il poeta commette il tragico errore di non riuscire a resisterle, decretando per sempre la fine del loro amore.

La xilografia (2) di Barbera caratterizzata da un elegante linearismo, rappresenta “la pallida amante” nuda ed inserita in un paesaggio notturno. Il volto drammaticamente illuminato per metà da una metallica luce lunare che ne evidenzia il pallore ha nell’espressione qualcosa di inquietante e di enigmatico. Un senso di mistero promana dall’intera composizione. La figura femminile per il pallore e la levità dell’insieme sembra più appartenere al mondo del sogno che a quello reale, quasi una sconcertante apparizione notturna, anche i dettagli anatomici, sebbene non più deformati come in Grottesco, mantengono l’incongruità dell’immagine onirica, (come il seno che non è in asse con il resto della figura, evidenziato da un effetto grafico a squame lucenti). Questo tipo di figurazione può essere messa in relazione con suggestioni simboliste che permanevano in Italia fino a questa data, (il Simbolismo si conclude storicamente intorno al 1910), peraltro una gloriosa tradizione legava l’illustrazione letteraria all’arte simbolista italiana; l’illustrazione, infatti, offriva all’artista lo spunto per introdurre temi come il maledettismo che erano ampiamente trattati in ambito letterario, ma non trovavano sufficienti sbocchi sul piano pittorico.

Oltre alle illustrazioni di Gaetano Previati per i racconti di Edgar Allan Poe (1887- 1890) che avevano rappresentato in Italia il momento di superamento del Verismo, segnando il ritorno ad un arte d’immaginazione; il testo più significativo dell’illustrazione simbolista in Italia era certamente rappresentato dalle illustrazioni di Alberto Martini per Edgar Allan Poe (1905-1908), diffuse ampiamente attraverso le pagine di “Emporium”. Nelle xilografie di Barbera per Nudità i riferimenti ai disegni di Martini sono cospicui, la maggior parte di esse mostrano visioni notturne, quest’ultimo aspetto è evidenziato tramite l’espediente del cielo stellato che ricorre in quasi tutte le illustrazioni della serie; si tratta per lo più di inquietanti figure umane che emergono dalle tenebre della notte, brillando di una luce sinistra; il riferimento per queste immagini non può che essere Alberto Martini, l’artista dell’ombra, il notturno per eccellenza; anche la mitologia della donna pallida, fatale e fuggente presente nella novella Lucrezia Antamori, la donna pallida si ritrova nei disegni di Martini (soprattutto nei magici pastelli con le donne-farfalla del 1912-1919).

Un autoritratto di Martini del 1923 ha per titolo L’uomo pallido, come è: “il volto di chi non ama la luce, se non artificiale, e porta l’esangue bellezza degli esseri cresciuti negli interni, degli indagatori di se stessi, degli inventori di ossessioni e di favole, di chi è abituato a stendere il velo oscuro del simbolo sulla chiarezza diurna e solare della realtà”[11], evidente è il riferimento, nel titolo della novella di Marinelli come nell’illustrazione di Barbera a quest’opera. Altre analogie sono facilmente individuabili. Nella xilografia di Barbera, Lucrezia emerge dal buio del fondo, stagliandosi bianca e luminosa di una luce irreale contro il nero della notte, lo stesso procedimento usato da Martini per illustrare alcuni racconti di Poe, come Re Peste, dove il teschio sorge bianco contro il buio del fondo, e lo stesso dicasi per la fata de L’isola della Fata o per il volto asciugato dalla paura de Il crollo della Casa Usher.
Fonte preziosa per la conoscenza dell’opera grafica di Barbera è la monografia che l’amico Nunzio Maugeri gli dedicò nell’anno della morte, il testo, infatti, raccoglie ventidue disegni pochi dei quali firmati e datati.

Fatta eccezione per quattro teste maschili, si tratta di una serie di figure femminili di cui cinque sono nudi. Lo stile di questi disegni appare notevolmente diversificato, si va dalle agili e svelte figure femminili tracciate a carboncino di stampo post-impressionista e secessionista, ad esiti decisamente espressionisti caratterizzati dall’uso anti-naturalistico della linea, fino a soluzioni di grande modernità improntati ad una grafica essenziale e stilizzata che si nutre di innovazioni avanguardistiche e di un gusto déco. Con la testa virile (6) recante la firma Barbera, una umanità dolorosa e sofferente fa capolino tra le immagini di tenera grazia o di gioiosa fisicità dei ritratti femminili presenti nella raccolta. Questa testa virile dall’espressione corrucciata e dal volto scavato evidenzia l’attenzione di Barbera verso i valori espressivi del mezzo grafico. La morbidezza del carboncino è volta a rendere effetti plastici più che luministici. Il segno si fa sfilacciato, un drammatico reticolo di rughe si intreccia delineando la dolorosa fisionomia del volto.

La torsione del collo da una parte e il volgersi dello sguardo verso l’alto sono espressione fisica di un tormento interiore , di un concitamento dell’animo che si manifesta attraverso quello sguardo sofferente. E’ evidente che in questo momento Barbera guarda all’arte espressionista, e in particolare a quella personale forma di espressionismo italiano, rappresentata dall’opera del viareggino Lorenzo Viani, che fa uso di un realismo di matrice espressionista, memore della lezione dei macchiaioli e delle cupe atmosfere di Munch.
L’influenza espressionista è resa ancora più chiara dal feroce ritratto di soldato (7) seguente, che ricorda certi disegni di Viani ispirati alla guerra, come anche certe immagini di soldati in trincea di Otto Dix; il soggetto viene rappresentato con crudele realismo, senza che però si indugi verso una espressione grafica descrittiva, il segno acquista una violenta carica eversiva; quasi un confuso reticolo di linee pesantemente tracciate suggerisce la divisa di questo soldato, mentre una linea netta circoscrive l’elmetto. Il volto visto di profilo è atteggiato in una sorta di ghigno feroce, sotto l’elmetto che ricade pesantemente sulla testa, una spessa linea d’ombra ne nasconde lo sguardo, l’uomo è proteso in avanti, forse nell’atto d’imbracciare un’arma.

Sotto l’esempio della grafica espressionista il segno si fa veloce ed estemporaneo, divenendo allo stesso tempo più sfilacciato e sensibile ai colpi di luce. Un’espressività aspra e dolente si appropria dell’arte di Barbera che con grande partecipazione emotiva si interessa nei suoi ritratti anche ai tipi umani più reietti. In questi disegni la lezione di Viani, le cui opere circolavano in Italia grazie alle pagine di “Emporium”, è evidente in quella necessità (tipica del pittore viareggino) di deformare e imbruttire la realtà e in quell’attenzione per un’umanità disperata e derelitta rappresentata con un segno spietato e ossessivo. Dopo la chiusura di “Fondaco” nel 1928, Barbera inizia a collaborare dal ’32 al ’34 come vignettista e caricaturista alla rivista satirica catanese “Il prode anselmo”[12] (volutamente minuscolo). La parte più cospicua del corpus di disegni realizzati per “Il prode” è rappresentata da cinquantaquattro vignette umoristiche; in esse il respiro della composizione è vasto, i personaggi, di solito in numero di due, sono inseriti all’interno di svariati scenari urbani o domestici, motivo di fondo: la vita frenetica e mondana che si svolge in una grande città. Uomini in frack, coppie in tenuta da tennis, giovani donne in abito da passeggio o da sera e sullo sfondo: camere d’albergo, abitazioni borghesi, strade, teatri e perfino autosaloni. Tre vignette, in particolare, si distinguono per l’accuratezza dell’esecuzione, oltre che per l’erotismo esplicito dei soggetti.

Le protagoniste di queste vignette che per l’elegante stilizzazione si possono definire déco sono una coppia di giovani donne moderne e disinibite, una bionda e una mora, che commentano ironicamente le ultime follie della moda oppure attraverso umoristici giochi di parole si scambiano confidenze sulle proprie esperienze erotiche. E’ questo il caso della vignetta intitolata Fanciulle e Diritto 13 in cui l’erotismo della composizione trapela soprattutto dalle pose allusive delle due ragazze, la figura di destra è abbandonata sulla poltrona e mostra generosamente le gambe poggiate su di un basso sgabello, dal corto gonnellino fa capolino un reggicalze, ha un viso grazioso e morbidi riccioli biondi; ad essa fa da contrappunto una ragazza bruna dalla bellezza esotica e dai corti capelli tagliati “alla maschietta”, la testa piccola e liscia dai tratti minuti incarna perfettamente quell’apparente fragilità che la donna emancipata del dopoguerra esibiva dietro una sostanziale durezza, entrambe sono perfettamente truccate e ingioiellate, in linea con il gusto déco.

Sono i ritratti di due giovani appartenenti al “bel mondo”, colte e disinibite, moderne e al passo con i tempi, lo si evince dal dialogo (studi di Diritto e costumi sessuali liberi), ma soprattutto da quell’interno arredato con gusto “razionalista”. Le poltrone sono lineari, due solidi geometrici, la sala è adorna solamente di una funzionale lampada anch’essa stilizzata, il rigore geometrico regna dovunque, tutto è strettamente funzionale e delle linee pulite, come l’ampia vetrata sullo sfondo ingentilita solo da due cactus.
Siamo negli anni Trenta, in campo internazionale le nuove tendenze del gusto sono improntate al razionalismo, a dettar legge in questo campo sono le riviste di moda, la francesce “Art Gout Beautè”, ma anche le italiane “La Donna” e “Lidel”. Nel campo della moda e del gusto fino al ‘34-’35 ciò che si impone come sinonimo di eleganza sono le linee geometriche, la stilizzazione dei motivi naturalistici, e in generale la semplicità e la purezza delle forme, secondo i dettami dell’Art Déco. Il 1933 fu l’anno in cui le condizioni di salute di Barbera andarono peggiorando, la tubercolosi che lo aveva già colpito gli stava devastando i polmoni, ma ecco come ricostruisce quegli ultimi mesi di vita l’amico Nunzio Maugeri: “Il telefono era, in quei giorni, tutta la sua vita. Frattanto non tralasciava di lavorare per “Il Prode Anselmo” ch’egli illustrava settimanalmente e la sua camera era disseminata di carte buttate qua e là con negligenza. Una camera con un letto che pareva sempre disfatto, un divano vecchissimo che non sentiva la spazzola da molti anni, un tavolino col telefono e qualche altro mobiluccio trasandato.

Quel che più occorreva alle sue condizioni mancava assolutamente. La polvere tappezzava tutto, attutiva i passi sul pavimento.”[13] Così in una misera stanzetta, lontano dalle luci sfavillanti del “bel mondo”, nel 1934 si spegneva Antonio Barbera, colui che con i suoi straordinari ritratti-caricatura e le sue caustiche vignette aveva contribuito a fare la cronaca mondana della Catania degli anni Trenta, ma non solo. Dalla fine degli anni Venti fino alla prima metà degli anni Trenta Antonio Barbera dimostra dalla sua Catania di essere un artista aggiornato sulle principali correnti che animavano il dibattito culturale del suo tempo, creando attraverso l’apporto delle avanguardie del primo ‘900 uno stile autonomo e personale che insieme all’attenzione per i valori espressivi del segno si distingue per straordinaria eleganza formale e innato senso della sintetizzazione grafica; non senza dimostrare una propria autonomia critica sia nei confronti dell’Espressionismo che del Futurismo, sfiorato soltanto con Testa di danzatore futurista[14] una sanguigna del 1929, che già nel titolo sottolinea come si tratti di un esercizio di stile, di una esplorazione tecnico-formale più che di una testimonianza di adesione al movimento. Stesso discorso per le xilografie di Nudità, dove le suggestioni simboliste che le animano, riferibili alle illustrazioni di Alberto Martini, più che una pedissequa e reverenziale manifestazione di stima nei confronti del massimo illustratore italiano del momento, sono per il giovane disegnatore l’unica strada autenticamente percorribile per esprimere quegli scenari surreali ed onirici che arrovellano la sua febricitante fantasia.

Per l’originalità grafica di un’eleganza stilizzata e per l’innata propensione a difendere i valori della modernità, atipica nel panorama della illustrazione catanese coeva, le sue “divine” del varietà, le irriverenti e maliziose vignette déco, come le straordinarie xilografie realizzate per Nudità e i suoi disegni “espressionisti” occupano necessariamente un posto di rilievo nell’ambito della storia dell’illustrazione siciliana degli anni Trenta.


NOTE

  1. Pubblicata nel febbraio del 1921 fu diretta da Mario Shrapnel, alias barone Giovanni Melfi-Maiorana, vi collaborarono il poeta Giacomo Etna (alias Vincenzo Musco 1895- 1963) e il pittore Giuseppe Marletta ( 1892- 1985).
  2. Pubblicata nel libro di Nunzio Maugeri Antonio Barbera, Catania 1934.
  3. (1905-1988) pittore catanese attento agli ideali umanitari la cui pittura rivelava una tendenza primitivista d’impronta carraiana unita ad una scura plasticità che discendeva da Sironi.
  4. Assistente di Felice Carena all’Accademia di Belle Arti, visse tra Firenze e una masseria dell’ennese, la sua pittura caratterizzata dall’attenzione per la figura e le composizioni in interni accolse spunti impressionisti e post-impressionisti.
  5. (1881-1966) dopo avere trascorso la sua giovinezza a Genova era tornato a Catania nel ’23 portando il suo linguaggio pittorico chiarista che si basava su tenui campiture di colore e stesure rapide, in qualche modo accostabili al macchiaiolismo.
  6. (1888-1971) allievo a Venezia di Ettore Tito portò a Catania le “ombre colorate” , paesaggi, marine e temi rurali erano al centro della sua produzione.
  7. Francesco Mancini (1863-1948), Nitto Condorelli (1878-1950) e Alessandro Abate (1867-1953) erano i prosecutori del naturalismo della scuola napoletana di Domenico Morelli e Giuseppe e Filippo Palizzi, alla cui lezione si era formata un intera generazione di artisti siciliani.
  8. (1905-1968) appena quattordicenne aveva iniziato a fare parlare di sé per un interessante carteggio con Marinetti che lo apprezzò sia come scultore che come pittore. Promotore di manifestazioni culturali ed artistiche , fondatore di riviste, Fiduciario del Sindacato regionale di Belle Arti dal ’29, dopo avere ripudiato l’esperienza futurista dominò l’ambiente artistico catanese fino al crollo del Regime.
  9. “Fondaco, mensile di purità diretto da M.M. Lazzaro detto il Moro” uscì a Catania il 5 maggio del 1928.
  10. Uscito per le edizioni Cines a Catania nel 1928.
  11. Roberto Tassi, “Il dominio dell’ombra”, in Alberto Martini illustratore di Edgar Allan Poe, Franco Maria Ricci, Milano 1984.
  12. “Settimanale umoristico sportivo” pubblicato a Catania il 17 novembre 1932, diretto da Nello Simili; cessò le pubblicazioni nel ’35.“Il prode anselmo”, Catania 3 aprile 1933.
  13. N. Maugeri, Antonio Barbera, Catania 1934.
  14. Pubblicata in Ugo Privitera, La sanguigna e la ritrattistica in Antonio Barbera, “Realizzazioni”, III, n.1, Palermo gennaio 1929.

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