Con grande piacere riproponiamo un bell’articolo di Cosimo Piediscalzi sul pittore scapigliato Tranquillo Cremona (Pavia 1837 – Milano 1878), già pubblicato nel 2015 sulle pagine del perento Archivio Flavio Beninati e nel primo numero del periodico di approfondimenti I Quaderni di Eccegrammi. Buona lettura!
Tranquillo e la polpetta
Immaginate questa scena: Milano di fine ‘800, tre artisti che amano definirsi essi stessi “La trinità dei nani giganti”, in quanto tutti e tre piccoli di statura, immaginate di notte questi tre, Ranzoni, Cremona e Grandi, che sono così composti: Ranzoni trasporta sulle spalle sia Grandi che Tranquillo Cremona, e tutti e tre in questa posa da circo conducono in mano una candela accesa. Voi direte che è un incubo, sogno, follia? No, era la realtà, cosa facevano?
Facevano il Diavolo o come dicevano loro; la bestia infernale. Con questo numero da equilibrismo circense, i tre artisti avranno spaventato chissà quanti poveri viandanti che da un angolo della strada si vedeva sbucare quest’improbabile composizione. Non doveva essere un bello spettacolo.
150 anni dopo, un altro cattivo spettacolo: io munito di ombrello che cammino per le strade di Pavia, passo una piccola chiesetta e mi infilo in via Alessandro Volta, dapprima incontro un palazzo tutto imballato per lavori in corso, poi subito accanto al civico numero 3 c’è l’edificio che cercavo: palazzo giallo-zafferano, ed ecco la targa, qui dentro il 10 Aprile 1837 è nato Tranquillo Cremona, uno dei due nani sopra le spalle di Ranzoni insomma.
Tranquillo Cremona può esser ritenuto il pittore massimo di quel movimento culturale noto come Scapigliatura. Gli scapigliati erano pittori, artisti, intellettuali e scultori, tutti radunati sotto una risolutezza da insubordinati romantici, anti-borghesi e anarcoidi per eccellenza. E Tranquillo Cremona per stile,
carattere e vita ne è veramente un buon patriarca. Costui nasce quindi a Pavia da una buona famiglia (il padre è un avvocato). Nella famiglia, oltre Tranquillo, c’è un altro personaggio molto importante: il fratello Luigi che fu matematico e politico. Da questa casa natale qui davanti a me, il Tranquillo se ne scappa abbastanza presto, i genitori morirono e lui seguitò il fratello a Venezia dove inizierà l’accademia di Belle Arti, e da Venezia poi a Milano (il vero cuore della Scapigliatura).
Dopo le gesta equilibriste e scriteriate di Tranquillo Cremona & amici; di cos’altro potrei occuparmi? Ebbene si, della polpetta! La polpetta di Tranquillo Cremona (e non solo), cioè non ero il solo della combriccola a cibarsene. Che diavolo c’entra la polpetta con Tranquillo Cremona? Andiamoci in ordine: tanto per iniziare sono costretto ad occuparmi di polpette perché sono schiavo delle coincidenze, e quando esse mi beccano io mi faccio trascinare volentieri. Per arrivare alla polpetta dello scapigliato Cremona, ho fatto una ricerca storico-urbana che mi ha indicato questo nome e questa via: Vivaio. Io abito in una via chiamata anch’essa Vivai.
Come potevo allora non occuparmene? Dunque, il sottoscritto parte da Pavia (città natale del Cremona) per raggiungere la via Vivaio a Milano: cosa troverò lì? Tracce di Tranquillo Cremona, Emilio Gadda, Eugenio Perego, Francesco Fontana, Borgomainerio, Giuseppe Grandi, Boito, e tanti altri artisti e intellettuali scapigliati dell’epoca, e soprattutto le polpette! Mi spiego definitivamente: a Milano, 150 e più anni fa, nei pressi di via Vivaio risiedevano tanti artisti della Scapigliatura. Costoro presero ad abitare degli edifici decrepiti e come già detto tutta quella via era quasi campestre – l’origine del nome Vivaio era proprio per questo. Tra questo verde sorgeva anche il giardino detto del Cicogna, tutto coltivato ad ortaglia e dove i pittori vi sostavano all’infinito. Era insomma un piccolo paradisoisolato per “isolati”.
E soprattutto in questa strada vi era una locanda che sfamò i suddetti artisti alla bene e meglio: l’Osteria del Polpetta. La storica “polpetta alla milanese” e soprattutto quella davvero vintage (ottocentesca), era per così dire il cibo del popolino. Questo tipo di polpetta era preparata usando la carne di scarto o in avanzo (stufato del giorno prima, carne lessata, avanzi di arrosto, tritato ecc.) e oltre a rimediare la carne in avanzo, si faceva la medesima cosa con il pane: la vera antica polpetta milanese si faceva con del pane raffermo buttato poi nel latte, una volta ammollato lo si riduceva in poltiglia, poi vi si aggiungeva l’uovo, la carne, la luganega che era una salsiccia a cui veniva tolto il budello, patate schiacciate, e se c’era anche del formaggio e della mortadella di grosso taglio, e infine tutto a friggere nel burro. Ecco un pasto nutriente ma poco costoso; ideale per gli indigenti artisti della Scapigliatura che presero in grande affezione l’Osteria del Polpetta.
Mentre annoto questa diserzione culinaria sul mio taccuino, sto arrivando nel capoluogo lombardo.
Mezzogiorno in punto, eccomi a Milano. Dopo un paio di bus, arrivo all’incrocio tra via Cappuccini e quindi all’ingresso con via Vivaio, eccola! Mi accoglie l’imponente Palazzo Berri-Meregalli. E’ strano per me vedere questa via; vederla così piccola e colma di edifici, non vi ero mai stato e tutte le informazioni storiche che avevo raccolto mi avevano fornito quest’idea così periferica e deserta.
Oggi invece è fitta di case. Impossibile quindi per me capire o sapere dove abitassero alcuni degli artisti nominati. Molti di loro ad esempio vivevano nelle vie attigue; corso Monforte, dove vi alloggiava Emilio Gadda. Altri abitavano piccoli appartamenti sempre nella stessa aerea: l’attuale via Mozart, via Rossini, via dei Cappuccini – tutte arterie che sfociano in via Vivaio. E’ insomma difficile mappare oggi le locazioni di allora visto come è cambiata la fisionomia della zona – da luogo suburbano a molto popolato oggi. Al 99% proprie quelle amene abitazioni di via Vivaio saranno state demolite; giacché erano fatiscenti già 150 anni fa. Idem lo stabile dell’Osteria: impossibile capire il civico esatto.
Tuttavia è rimasto per me un solo punto di riferimento inviolato nel tempo; ed è il grande edificio noto come l’Istituto dei Ciechi. Questo era già esistente allora tanto da essere nominato dagli stessi artisti. E giacché come detto, la via era poco abitata, questo grande edificio quasi scompaginava l’aria un po’ desolante della zona.
Cammino facendo destra e sinistra con la testa alla ricerca di non so che; magari un minimo segno, qualcosa. Tuttavia è proprio quest’enorme palazzo dell’Istituto dei ciechi che, mi ripropone intatto l’immaginario scenico di quella via: ad esempio attiguo a quest’edificio vi è ancora un grande giardinetto: è lo stesso che gli artisti popolavano. Qui insomma, proprio dirimpetto a quest’edificio dovevano sostare in grandi tavolate all’aperto i vari compagni di Tranquillo Cremona.
Qui si consumavano le famose polpette. Tornando a lei infatti, alla polpetta, riesco a trovare un documento esilarante: tanto era celebre il desinare di polpette qui tra gli Scapigliati, che ci fu un poeta dialettale di nome Ferdinando Fontana che vi scrisse persino una lirica! La poesia si chiamava La polpetta del Re – proprio nel goliardico intento di incensare un pasto per antonomasia povero e trasformarlo in “cibo regale”.
Ma ho trovato anche dell’altro: pare che in una delle casette dove erano stipati molti artisti, vi lavoravano due portinai che erano marito e moglie, costoro divennero una sorta di figura genitoriale per gli artisti tant’è che finirono per fare concorrenza all’Osteria, in che maniera?
Iniziando ad apparecchiare dei tavoli all’aperto e preparando i pasti per i loro condomini-artisti. Ma non fu una scelta imprenditoriale la loro; bensì una supplica ricevuta dagli stessi artisti. E la cosa ebbe successo! Fu un trionfo di polpette alla milanese! A questa nuova osteria improvvisata; vi partecipava con entusiasmo anche Emilio Gadda. Mangiavano tutti all’aperto proprio in questo giardino oggi inglobato dall’Istituto dei Ciechi, addirittura improvvisarono persino una pista per giocare a bocce. C’è persino una memoria biografica lasciata da uno di quegli artisti; Roberto Sacchetti che dice chiaro e tondo:
“A completare la scena c’era una rustica osteria che faceva credito agli avventori (…) In quell’ortaglia si fecero le più care festicciole ch’io abbia mai goduto”.
Roberto Sacchetti, amico del Cremona, fu uno scrittore che partecipò al Risorgimento nonché amico di Arrigo Boito. Insomma eccomi qui. I resti di quell’attuale giardino oggi così ben curato e imprigionato dietro a queste inferriate verdi; mi parla ancora di loro. Immaginare qui gli schiamazzi, le favelle, le solitudini e le ansie di questi personaggi non mi è difficile.
Sono tutti ancora qui come fantasmi; forse dispettosi tra questo infernale succedersi di palazzoni e cemento armato – arrabbiati magari per come hanno imborghesito la loro zona franca – qui quasi due secoli fa hanno mangiato polpette e ideato rivoluzioni tutti loro: Tranquillo Cremona, Carlo Dossi, Ugo Tarchetti, Giovanni Camerana, Vittorio Imbriani, Arrigo Boito, Emilio Praga, Giuseppe Grandi, Daniele Ranzoni, Mosè Bianchi, Alfredo Catalani, Amilcare Ponchielli e tanti altri.
(C. Piediscalzi su Tranquillo Cremona)
Copyright 2015 © Archivio Flavio Beninati / Cosimo Piediscalzi